Il maresciallo incominciò a leggere il verbale della deposizione, più che altro lo riascoltava, perché gli sembrava di avere davanti ancora Albertina.

“Vede io non ho sposato Alessandro per interesse, checché possano dire le malelingue. Vivendo con lui, però, una specie di sortilegio sprigionato da qualcosa che è in quella bellissima villa ha cominciato ad annacquare i miei sensi. Così mi sono ritrovata il cuore pieno di bene per lui, ma il corpo e la volontà ostili e indifferenti.

“Eppure le giuro che io ho sempre amato mio marito, mentre stavo a tavola con lui il mio animo era sazio, ma la mia mente era distratta, continuava a rimasticare le letture di storia e mitologia.

“Quando la notte non mi ha cercato più, il mio cervello era contento, ma il mio cuore no, si doleva, per una sofferenza attutita, però. Intanto mi possedeva un odio involontario, quello della mancanza di prole.

“E non so cosa mi ha istigato, qualche anno fa, sotto il fisico sudaticcio e repellente di un altro uomo. Io non c’ero. Ma il corpo era mio. Quell’essere gretto cominciò a ricattarmi col fatto che avrebbe diffuso la notizia della relazione nel paese. Io non potevo permetterlo, che la gente giudicasse Alessandro un cornuto.

“Allora per guadagnarmi questo subivo, solitamente nel mio fuoristrada sotto il ponte della statale, quando andavo a fare il mio giro che doveva essere di liberazione ed invece si tramutava nel sudicio, bestiale sfogo sessuale di quel padre di tre figli. Durante lo schifo ero totalmente intirizzita, appollaiata fuori della mia carne.

“L’unica condizione che ero riuscita ad imporre era che lui non doveva mai venire nel palazzo, né telefonare, né farsi vivo in qualche modo, se non per faccende inevitabili.

“Quella sera alle diciannove e un quarto me lo sono trovato nel salone superiore. Lei sa che la governante era di riposo quel giorno perché c’era il figlio in licenza dalla leva militare.

“Gli ho detto con disprezzo di smaterializzarsi.

“Dai, so che non c’è. Dai, una veloce!”

“Fu irremovibile. Pur di vederlo scomparire subito, gli feci fare e lo spintonai affinché si dileguasse. Mentre scendeva io lo sollecitavo con un occhio da sopra, per accertarmi che uscisse.

“Alessandro tutto bagnato entrò di colpo, scuotendosi l’acqua. Si scontrò con lui. “Che ci fai qui a quest’ora?”

“Qualcosa scattò di traverso nel cervello al meschino. Con un ghigno di superiorità: “Mi sbatto la troia di tua moglie, anche in casa tua!”

“Alessandro impassibile, lì ho capito che sapeva, ma autoritario: “Sparisci.”

“Tanto me la fotto quando voglio e visto come vanno le cose, magari mi farò dare pure uno stipendio dalla tua … puttana!”

“Alessandro era sicuramente disgustato da quella volgarità: “Fuori!”

“A quella parola il losco si scagliò su di lui con un coltello. Non ricordo i particolari. Solo la lotta e quel luccichio di acciaio che si levava in aria, si abbassava, si rialzava. Poi vidi la lama che attraversava in orizzontale la pancia di mio marito. Quel bastardo lo aveva aperto da una parte all’altra, con una precisione propria da geometra.

“Alessandro si portò un braccio a coprire il taglio, si disinteressò dell’altro, guardò me sul ballatoio, mi accennò un saluto e serafico, ancora più bello, si avviò lentamente alla porta.

“La rabbia e l’odio mi tenevano immobilizzata, avrei ucciso quel maledetto a morsi alla carotide. Invece lì mi ritrovai il serramanico: “Siediti qui su quella poltrona.” Non era fuori di sé, sembrava assaporare un piacere allucinato.

“Srotolò dalla tasca una lenza e mi legò i polsi dietro lo schienale e le caviglie ai piedi della poltrona. Mi tirò su la gonna denudandomi, per restare in posizione di uso. M’imbavagliò. “Quasi quasi” mormorò fissandomi le cosce. Controllò l’orologio e desistette. “Dirai che uno sconosciuto col viso coperto da una calza ti ha legato qui e violentato … se te la svuotano sperma ne scolano abbastanza!” sghignazzò. “Che non sai cosa è accaduto dopo, perché eri qui impedita. Esattamente questo. Che non ti venga in mente di dire la verità! subito dopo saresti sgozzata come una gallina, come un coniglio, come una serpe.”

“Il seguito lo sa, maresciallo. Alle otto precise, infatti suonava ancora la pendola del salone, sono arrivati e mi hanno liberato.

“Ad ucciderlo è stato …” Nome e cognome.

Falbo archiviò il verbale. Rimase un attimo a riflettere. Si era fatta un’immagine precisa di Corallo, ormai. Era stato uno nobile, bello, ricco. “Con una moglie zoccola!”

Alzandosi si cavò definitivamente dal gozzo l’indagine, con l’amara constatazione: “Un dio ucciso da un uomo di merda!”