Il giorno in cui fu ucciso Alessandro si svegliò presto e si alzò. Dopo la doccia, già vestito si fermò a sbirciare nella serratura della camera chiusa: solo le persiane appena accostate.

Si ricordò delle parole della madre di non aprire mai quella porta. Ma non era più ragazzo. Scese ad armarsi di cacciaviti e ferraglia varia.

Il cielo annunciava pioggia e temporali.

Cominciò ad operare sulla porta dipinta sempre con minore cautela, cercando di non fare baccano, poco più in là dormiva Albertina. E la luna doveva già essere a letto. Provò inutilmente danneggiando qualche collana delle mostrine.

Sentì un tuono rimbombare fragoroso e si piegò subito a spiare nella toppa, magari per i rumori se la stava svignando in mutande, senza aver terminato l’amplesso.

Sorrise divertito. Quindi riprese a forzare con gli attrezzi raccattati provocando scricchiolii sempre più rovinanti. Altri strappi energici e il congegno d’oro cedette.

E la porta si spalancò.