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Giovanni non era riuscito a braccare un indizio vero nelle esequie di notizie, in paese. Certo l’intimidazione di quei due della malavita non era casuale, dovevano avere qualcosa da nascondere, ma non era utile per loro ammazzarlo.
L’episodio del fuoristrada era il suo cruccio, lo sotterrava e lo disseppelliva in continuazione. Non lo aveva raccontato al maresciallo perché non era da gentiluomo, gli aveva suggerito Alessandro. Ma quell’auto ondulante gli era rimasta in moto nel cervello.
Il quinto giorno dopo il delitto, con la scusa di cercare un attrezzo per il giardinaggio, si avvicinò al fuoristrada parcheggiato davanti al portale. Notò con raccapriccio, per terra dal lato della guida, un coniglio scannato, che versando il sangue se l’era trattenuto per cuscino sotto la testina rigida.
Suonò al portale.
Albertina aprì disturbata. “Cosa vuole?”
“Venga qui!”
Lei impallidendo: “Cosa vuol dire?”
“E’un avvertimento.”
“Chi può essere stato?”
“E’ sicura di non aver riconosciuto l’uomo che l’ha…?”
“Non so chi sia!”
“Lui invece ha paura che lei lo possa indicare.”
“Assurdo.” Scandì imperterrita.
“Questo sembra un avviso, nel caso parlasse.”
“Allora sto tranquilla, non ho nessuno da incolpare.”
“Lo tolgo di mezzo?”
“Sì!” e Albertina rientrò, lasciando Giovanni con la sensazione che quell’animaletto rappresentasse anche la carogna della verità.