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Il giorno indugiò a lungo in quell’aurora perlacea, nella coscienza, poi emerse col broncio.
Alle undici Alessandro scorse la posta, riconobbe la busta e si ritirò nel suo studio, per sprofondarsi nel manoscritto. Quindi ripiegò la lettera, se stesso nella commozione. Poi si recò alla scuola elementare.
Lucia Gallo consegnò gli scolari al bidello e, temendo per l’affitto, lo ascoltò nel corridoio.
Lui la salutò, le chiese gentile: “Hai bisogno di qualcosa?”
“No”, stupita.
“Leggi.”
Lucia aveva le lacrime quando lo restituì.
Lui dolcemente. “Ti serve qualcosa?”
“No, grazie.”
Si congedò e, alunno malato di penitenza, se ne andò, trasmigrando nel firmamento.
Ciao papà, sono cucciolotta tua, scusa ma ho voglia di scriverti. Oggi sarebbe stato il mio compleanno, il diciassettesimo, e … invece sono una bracetta come ogni anima.
Sono le dieci e un quarto e qui è orario di ricreazione, l’unico in cui può riaffiorare qualcosa del passato nel mondo. Altrimenti stiamo meravigliosamente bene, in estasi, perché il Signore ama più di chiunque altro i bambini che non hanno mai avuto un corpo intero come me.
Qui sono tutti occupati, come al solito. Alcuni guardano sullo schermo personale, invisibile agli altri, la continuazione della vita interrotta, e possono godere le stesse emozioni terrene, solo quelle piacevoli, però, i dolori non si sentono. Ora non mi va, la so a memoria.
Oppure ci contagiamo di nostalgia. Giochiamo ad avere la bua ai dentini, a ridere e ridere per il solletico al pancino. Ad inzuppare i cereali in una tazza di latte e orzo. Ad andare a scuola, alle giostre accompagnati dai nonni. Giochiamo a gridare: “Ti amo!”, anche ad esclamare: “Oggi è una bella giornata!” …
Io preferisco comunicare con te. Mi manchi! Sai, noi bambini che non hanno mai avuto un corpo intero giriamo qui con una tutina bianca, intera. Io ci ho segnato sopra col mio ditino di bracetta “Cucciolotta di papà”. E l’angelo custode non solo mi ha sorriso, ma mi chiama proprio così.
Mi sarebbe piaciuto stare con te, mamma e nonna Chiara, alla quale sarei somigliata come una goccia d’acqua. Sarei stata bellissima da grande, alta un metro e settantacinque, e veramente una gran fica, come si dice lì. Mi faccio i complimenti da sola, purtroppo, durante le proiezioni sul mio schermo.
Sai, rievoco spesso quel periodo miracoloso. Noi avevamo l’ordine di non uscire. Ma quella volta io ero in prima fila e dietro spingevano come matti e anche se ho frenato al massimo non è bastato, mi sono ritrovata fuori. Anzi dentro l’ovulotto tutta rossa e sudata per la frenata, e timorosa che voi mi sgridaste, ma tu non lo facesti.
E ricordo mammina angosciata quando cominciarono a ritardarle le cose sue, che io non avrò mai avute, pensa papà. Intanto l’adoravo perché non riusciva più a dormire, si copriva e scopriva senza indovinare l’abbinamento giusto, infatti io l’avevo scombussolata con la mia presenza, la mia mitica mammina, tutta in fiore.
Ho dimenticato le vostre discussioni, estenuanti, io comprendevo poco, solo che se avessi potuto, tu mi avresti levato con le tue mani per farmi vivere.
Non mi volle. Ma diglielo che io ho frenato, che mi hanno spinto.
Poi alle dieci un orco mi risucchiò nel suo stomaco gelido con un unico sorso, feci appena in tempo a balbettare: “Uuuh! Uuuh!”
In quel momento di aldilà, nel lutto capii. Mi venne da piangere, ma non avevo più gli occhi, allora ho usato i tuoi, papà, disperato sulla panca del corridoio, e piangevamo a dirotto. E quando mammina uscì, a vederla distesa sulla barella ci prese un colpo. Quando, dopo averla chiamata tante volte, lei ti rispose: “Eh!” tirammo un sospiro di sollievo, come dopo un vagito!
Papà so che tu non hai avuto più figli, che invece lei ne ha due. Ma non ti crucciare, hai sempre me, Cucciolotta tua. E’ vero che sto su una stella lontanissima e non hai modo di sbaciucchiarmi. Ma prima o poi riuscirò a farmi una scappatella da te, lo prometto.
Ora ti devo salutare, il Signore dissiperà questa mia tristezza con la Sua Grazia. Ti copro di … ustioni con la mia boccuccia di bracetta pazza di te.
Vorrei caricare quel cagnolino di latta, che mi hai regalato … rifammelo vedere un attimo!
Non stare in pensiero per me, qui non faccio tardi, non corro rischi.
Prima di lasciarti ti prego di dare sempre un’occhiata a mammina, se ha bisogno di qualcosa aiutala sempre e comunque. Lei non sapeva cosa faceva. Era piccola.