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La macchina dei carabinieri saliva rapida il viale di platani ed eucalipti, Voci mirava curioso il parco, i melograni stracarichi, i pergolati, le siepi ancora fiorite, le fontane. A proposito, sul bordo di quella tra le palme, piena di papiri, era stato trovato il morto.
L’automobile si fermò sul selciato davanti al portale spalancato, con un colpetto di clacson. Dopo una pausa apparve sul balcone Albertina, in uno scialle.
“Ci scusi. Il maresciallo vuole sapere se domani può disturbare per interrogarla”, con tono sudato, l’appuntato.
“Naturalmente”, pronta e brusca, lei.
“Le dispiace se controlliamo un paio di cose?
“Va bene”, ripeté sicura.
Voci entrò nel salone basso, e verificò la stabilità delle inferriate. Erano in ordine. Sprangò le finestre aperte, le ipotesi di fuga da lì. Anche la pendola era precisa, sincronizzata perfettamente col suo orologio. Con la vita che era continuata.
I due graduati si congedarono, dopo un cenno di ringraziamento alla figura in nero, ancora sul balcone. Vestale del proprio dolore.