Quando Alessandro si sposò con Albertina Pasetti, una torinese bella e altissima, ma algida e formale, con uno sguardo dai riflessi d’alluminio, tutti pensarono che lei lo aveva fatto per interesse.

Invece lui svagato dai troppi impegni, era attratto da quella ragazza conosciuta al mare nel suo villaggio, che anche se scarsamente espansiva era capace però di fiammate.

All’inizio la vita dei coniugi era stata abbastanza fausta, tanto che lui al secondo anniversario le aveva regalato un fuoristrada. Ma non arrivavano figli. E Albertina d’un tratto accondiscese a nutrire malevolenza per il marito. Si persuase che il manchevole era lui, anche perché le analisi sostenute diagnosticavano che lei era feconda.

E cominciò una gravidanza d’odio per Alessandro che si sviluppava smisurata nell’educata convivenza e nella gelida disponibilità ai doveri di coppia. Finché non decise di riordinare la camera di fronte alla matrimoniale e di dormirci da sola.

Il loro amore era stato come il fuoco di un camino, non ravvivato, che si era spento per una palata di neve, di rancore. Poi riverberi di qualche tizzone sulle pareti del focolare, sui libri. Poi cenere.