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Alessandro aveva sedici anni quando entrando nella sua camera la vide, inginocchiata a spolverare sotto la rete, con la gonna che le era salita sulle cosce. Le era andato dietro assorto, non in una versione di greco. “Ti prego, per piacere. Non ce la faccio più di te!” aveva farfugliato con una dolce disperazione.
Una vampata di rossore smaliziò Caterina che non si mosse. Girò solo il collo per gustarselo. Quel ragazzone bello come una fortuna, che lei adorava segretamente da quando era arrivata, che era sempre carino con lei, che le chiedeva sempre le cose per piacere, appunto. Che le faceva effusione in preda a quella sua urgenza più grande di lui. E quando si sentì le sue dita sui fianchi, poggiò il sorriso e la guancia sul materasso per guardarselo. Quell’urgenza impetuosa di Alessandro si spinse dentro di lei, tanto furiosa e maldestra, che dovette stringere tra i denti la manica della camicetta.
Ma dopo lui l’aveva rialzata e aveva allargato le braccia, come per dire: “Devo aver fatto un macello. Era la mia prima volta.” E lo disse, stropicciandole il viso ancora infiammato e fissandolo per non scordarselo più. Sfregandolo come per rubarglielo. La baciò screanzato sulla bocca.
In quel momento Caterina se ne innamorò. Senza alcuna speranza.