A diciott’anni circa la ragazza percorreva speranzosa il viale di platani ed eucalipti. Il magnifico parco intorno sembrava esporre tutta la sua mercanzia stagionale.

La vecchia governante se n’era andata a Milano a stare con la sorella, c’era bisogno di una domestica fissa, oltre a quelle chiamate secondo le occorrenze.

Chiara la ricevette nel salone inferiore e la fece accomodare: “Aspettami un momento.”

La giovane era stregata da quella signora stupenda, con l’aureola della nobiltà e della ricchezza. Era affascinata dall’immensità della sala, dai mobili, dai tappeti, dal lampadario maestoso che sembrava avere la spina attaccata direttamente al sole. L’incantesimo riapparve con un vassoio d’argento. Versò il caffè nelle tazzine di porcellana e lo offrì. “Parlami di te. Dimmi quello che vuoi.”

Lei incominciò tormentandosi le dita, quasi impastasse le cose che diceva. Con sempre maggiore spontaneità. Infine si azzittì con un sollievo fresco, come se avesse sfornato a tempo.

Donna Chiara l’aveva ascoltata senza interromperla. Quella fanciulla ravvivava la sua infanzia come un braciere, per quando sentiva freddo. Ma un qualche carbone le faceva fumo. Aveva un cuore generoso, i lineamenti un po’ marcati, ma regolari e puliti, il corpo magro, prorompente. Grezza ma bella.

Si alzò e la invogliò con garbo: “Seguimi.” Sulle scale, poi nel corridoio verso destra, ad una porta aperta.

“Ti presento Alessandro.”

“Caterina. Da domani starà con noi.”

Lei salutò quell’adolescente longilineo e, nonostante i brufoli, bellissimo, come la notizia appena appresa. Lui assorto nella sua versione di greco, le diede la mano con un sorriso di circostanza, senza neanche vederla, come una parola non cercata del vocabolario.

“Ti aiuto, amore?”

“No, grazie mamma.”

Procedettero oltre: “Questa è la tua stanza. Tu puoi lasciarci dopo la cena e tornare la mattina, o dormire qui, come vuoi. In alcune occasioni te lo chiederò di restare.” Le aveva parlato premurosa. “Te la puoi ordinare già adesso!” aggiunse incoraggiando il suo entusiasmo. E le consegnò lenzuola e asciugamani profumati di lusso. “Poi puoi andare.”

Caterina rimase un po’ a infervorarsi. Aveva un lavoro e una camera col bagno tutta per lei. Spalancò le imposte. Sotto si apriva il baratro di roccia fino al torrente. Buttò risoluta in quel precipizio il suo sacco di favette. Si aggiustò il letto con euforia, poi s’affacciò alla finestra, facendo il risvolto anche al mare lontano, e celeste come un lenzuolo di donna Chiara.