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Antonino ritornava sovente all’ingresso del parco, nei momenti gravi di digiuno. Ma non accettava mai denaro, diffidava della roba di quel casino.
La penultima volta che Chiara lo incontrò al suo cancello, lui gli chiese un favore:
“Permettimi di entrare nella stalla, di giorno quando la luna dorme e non mi vede, per dare un morso alla coscia del tuo cavallo bianco. Unooo! Così mi sfamo senza disturbare e me ne rivado.”
Lei gli sorrise: “Invece sei sempre benaccetto. E poi lo sai che qui da me tu hai una dispensa stracolma di cibo, devi solo venire a prelevare.”
Anche Alessandro quando lo notava al cancello, tornando da scuola, lo diceva alla madre e ritornava volentieri giù a consegnargli i ristori. Chiara gli spiegava: “Nessuno di noi può certificarsi sano finché c’è uno che soffre. Ci deve mancare che anche lui stia bene, e bisogna fare di tutto perché avvenga. Ci manca l’armonia del coro.
“Antonino è uno di noi, meno fortunato. Forse.”