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Don Ruggero era morto e unico nel paese non aveva ricevuto un funerale, perché non c’era niente da portare al cimitero. Era stato provvisorio a Semelia.
Chiara aveva voluto che si ricoprisse di marmo un loculo della tomba di famiglia e lo si chiudesse con una lapide di vetro scorrevole con la scritta “Ruggero”. Dentro ci aveva riposto quell’estrema reliquia trovata nella cunetta della ferrovia.
Il vecchio camposantiere prima di morire aveva raccontato all’intera popolazione un fatto, per cui tutti giravano alla larga dal sepolcro dei Corallo.
Un giorno pulendo il vetro non aveva resistito ad aprirlo per provarsi quel cappello, unica spoglia superstite. Lo aveva alzato appena, ma l’aveva lasciato ricadere, schizzando terrorizzato fuori del camposanto, lui che non conosceva la paura, pallido come un cadavere.
Sotto il cappello di Ruggero Corallo, disse, c’era un pugno di vermi inviperiti.