Caterina era a conoscenza di come ragionavano in società. Sarebbe rimasta zitella. Quando mesi dopo lo stupro cominciò ad amoreggiare con Luigi Coccia, fece di tutto per vincolarlo.

Andava volentieri a versare il beverone al maiale e ritardava sempre di più. In quella capannina della crusca incontrava Luigi, che se la godette per un periodo e poi la mollò. Non solo. Divulgò il segreto che l’aveva avuta già usata.

I pettegolezzi hanno in paese una diffusione immediata, si bevono ancora frizzanti.

Il padre di Caterina, stando alla giornata, aveva inteso certi riferimenti sgradevoli da compare Nicola, che diserbava con lui le pesche di una località. Tanto disse e fece che il compare gli passò la brocca. Quella sera rientrò imbufalito, e senza nemmeno levarsi gli stivali sporchi di terra, assalì la ragazza con uno schiaffo brutale, gridandole: “Svergognata!” Mentre si sfilava la cinghia dei pantaloni le urlava: “Ti ammazzo, disonorata, ti ammazzo.”

La nonna era scattata dal camino come ustionata e aveva già fatto scudo alla nipote col suo corpo: “Non la picchiare, capito!” Anche la mamma, pur non realizzando cosa stesse accadendo, si frappose per farlo desistere. Cosicché l’uomo infuriato rimase con la cintola di cuoio alzata. Poi la sbatté al pavimento. “Non sei più mia figlia, da oggi!”

La sera dopo la madre accompagnò Caterina dagli animali. Scesero il viottolo e risalirono il pendio col peso del secchio, delle cose non dette. Nella baracchetta, con voce afflitta: “Chi è stato?”

La domanda rimase sospesa nell’aria, nel puzzo del maiale. La ragazza espiava in silenzio.

“Com’è successo?”

Dopo una pausa di rinuncia, sempre restia: “Avevo quel falcetto premuto sul gargarozzo.”

L’altra si azzittì, quasi pentita di sapere, sciogliendo una tenerezza per quella sua creatura che probabilmente aveva un brutto destino. Governò lei le bestie, amareggiata. Ma bloccando il lucchetto, il dispiacere: “Chi è stato?”

Caterina da sotto un ulivo stava fissando i rilievi lontani che segnavano il golfo, a destra. I monti avevano dietro una cordigliera di nuvole grigie, che li accudivano. Non rispose.

La donna la raggiunse e l’abbracciò, raschiando una contentezza: “Non ti crucciare. Nella peggiore delle ipotesi starai sempre con me.”

Ripresero mute il ritorno. Durante il pendio Caterina scivolò. Scoppiò a ridere ritrovandosi col sedere per terra, accanto alla siepe di fichidindia, appena scansata. Quella barriera di pale pungenti era la sua cordigliera di crucci, dietro la solidità della mamma.