Un giorno, a sei anni, Alessandro assaggiò nel piatto una specie di tronchetto pallido, con contorno. Fece una smorfietta disgustata.

La mamma con dolcezza: “No amore, devi finirlo!”

“Cos’è?”

“Lampo con patate!” lei sorridendo, anche al marito.

“Ma i lampi non si mangiano, non li mangia nessuno!”

“Tu sì.”

“Ma sono enormi e luccicano!”

“Però cotti diventano così!”

“Come si acchiappano?”

“E’ papà che li sa catturare, per te e per me.”

“Papà come li prendi?”

Ruggero era lieto nella sua tenebrosità. Acchiappato.

Rispose Chiara: “Papà piazza una trappola nel precipizio di rocce, con una nuvoletta per esca. Quando deve piovere i lampi più giovani, che ancora non sanno fulminare bene, vedono quella nuvoletta comoda comoda e ci si buttano sopra per spegnerci le saette, e ci restano impigliati. Papà va a controllare e se ne trova qualcuno, lo porta a mamma che te lo cucina.”

Alessandro riattaccò quel filetto che si sfaldava in scagliette bianchicce e saporite. Da allora ogni settimana ne consumò uno. Durante i temporali sfolgoravano senza impaurirlo. Tanto lui se li pappava.

Quando scoprì la verità non rimase deluso, anzi preferì continuare a credere che non era baccalà ma lampo. Infatti la mamma gli aveva detto che il papà, che ormai non c’era più, gliene aveva lasciati a bizzeffe e che lei li aveva conservati appesi sotto sale, per friggergliene uno ogni tanto.