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La mattina di domenica Polpetta, ancora sdraiato all’angolo del cimitero e attento al cancello, non poté aspettare più. Guardò le colline con occhi da cucciolo e morì.
La notizia si diffuse in un baleno a Semelia, e alle dodici quasi tutti i ragazzini erano sul piazzale.
Giovanni aiutato da Caterina trasportò il cane su una carriola, sul lato destro della via, dove cominciava un’altura. A pochi metri dal ciglio uno spelacchiato pero selvatico succhiava le sue malandate radici. Giovanni lo raggiunse a fatica e valutò lo scenario. Con una pala scavò una fossa all’ombra polverosa del pero e vi sotterrò Polpetta. A sorvegliare eventualmente il camposanto.
I piccoli senza mettersi d’accordo avevano in mano sassi o cocci, su cui avevano scritto con matite pennarelli carboncini “Addio”, “Ciao Ciao”. Commossi lasciarono sulla sepoltura i loro ciottoli, facendo un tumulo.
Sulla pietra posata per ultima una bambina aveva scritto “Bau Bau Polpetta”.